I Segreti del Greenwashing - cosa è cambiato dopo due anni?

Due anni fa, nel mese di Agosto 2023, abbiamo pubblicato una breve dissertazione sulla pratica del Greenwashing, soffermandoci sull’influenza di questa tendenza sullo stato attuale del pianeta. All’interno dell’articolo sono stati menzionati diversi cambiamenti apparentemente in atto, o prossimi all’attuazione, con l’obiettivo di regolamentare l’impatto ambientale nel settore professionale, soprattutto nel caso di grandi aziende. A distanza di diversi mesi, di conseguenza, ci siamo chiesti se questi progetti avessero veramente preso piede, e con quali risultati. Ve ne parliamo oggi.

 

 

L’interesse principale dimostrato al tempo sembra vertere su una maggiore regolamentazione dell’approccio all’intero panorama ambientale, sia da un punto di vista concreto, tradotto in decisioni e azioni volte a ridurre l’impatto ambientale negativo, sia da un punto di vista più figurato, come porre un freno al continuo ed ingannevole greenwashing messo in atto per svincolarsi dall’obbligo di trasparenza. I destinatari principali di quanto condiviso vengono identificati fin da subito nelle grandi imprese, aziende, società, qualsiasi industria responsabile di un certo numero di dipendenti, produzioni e, soprattutto, consumi. La trasparenza richiesta ai partecipanti di questa scena viene spesso completamente ignorata o, come ormai si è potuto notare in innumerevoli casi, sostituita con un bel pacco regalo incartato di verde. Consci che i propri consumi e risultati non appaiano particolarmente appetibili al cliente e alle autorità, i responsabili si nascondono spesso dietro a parole che profumano di brezza marina, grafiche reminiscenti di un pomeriggio in campagna, immagini color smeraldo che convincono il lettore che, dopotutto, perché mai dovrebbero omettere le informazioni più importanti, i dati veri e propri?

 

 

Per far fronte a questo considerevole ostacolo e proteggere i consumatori dal greenwashing, ancora nel 2023, l’Unione Europea propone quindi una nuova direttiva relativa alla dimostrazione e alla comunicazione delle dichiarazioni ambientali esplicite. Il suo obiettivo è di rendere le dichiarazioni ecologiche effettuate dalle aziende affidabili, comparabili e verificabili in tutto il territorio pertinente, così da contribuire alla creazione di un'economia circolare e verde in Europa. Per garantire che le dichiarazioni in questione rispettino quanto richiesto, sono necessari dettagli specifici e comprovati relativi ai materiali, ai processi di produzione e alle certificazioni di cui è in possesso il soggetto in questione. Il cambiamento proposto consentirebbe ai consumatori di compiere scelte d’acquisto informate e, soprattutto, potrebbe stabilire condizioni di parità in materia di prestazioni ambientali dei prodotti. Ciò proposto nel 2023 è ancora oggi in trattativa, ma si dovrebbe giungere ad un accordo entro la fine del 2025; l’opinione generale, tuttavia, sembra preoccuparsi dell’impatto di queste nuove normative, soprattutto a causa dei requisiti piuttosto impegnativi relativi all’eventuale verifica delle dichiarazioni ecologiche da parte di terzi.

 

 

Lo sforzo richiesto alle aziende non finisce qui. Le dichiarazioni ecologiche in questione non si limitano a quanto condiviso finora, comprendono anche l’intero discorso riguardante le emissioni di carbonio. Avevamo definito la compensazione di queste ultime, il tanto celebre “carbon offset”, come l’apice del greenwashing all’interno dell’articolo del 2023 e, considerando i provvedimenti presi a riguardo, non siamo gli unici a pensarla così. Al giorno d’oggi viene esplicitamente richiesto che le dichiarazioni relative alla compensazione delle emissioni di carbonio siano il più accurate possibili e comunicate con la massima trasparenza; ad esempio, rendendo pubblica l'impronta di carbonio della propria attività, la percentuale compensata e i progetti di compensazione specifici utilizzati. Quest'ultimi, purtroppo, si presentano spesso come una soluzione infallibile, tuttavia, di sovente, la quantità di carbonio che risparmiano viene sovrastimata. Per far fronte a queste frequenti imprecisioni, viene oggi richiesto che le aziende spieghino chiaramente i limiti dell’offset, concentrandosi contemporaneamente sulla riduzione delle emissioni stesse, oltre che alla compensazione delle tali. Inutile specificare, inoltre, che le dichiarazioni ecologiche in questione comprendono qualsiasi comunicazione ufficiale effettuata pubblicamente. Ciò significa che slogan, pubblicità e progetti promozionali riguardanti l’ambito della sostenibilità devono essere considerati obblighi a lungo termine e non temporanee soluzioni di marketing. Qualsiasi campagna in materia, quindi, deve essere sostenuta da prove sufficienti dietro ad ogni affermazione.

 

 

Per quanto riguarda il panorama giuridico italiano, in caso di mancato adeguamento alla direttiva la pratica del greenwashing può risultare in implicazioni penali; secondo alcune interpretazioni giuridiche, potrebbe inoltre ricadere sotto la categoria di “frode in commercio”, che prevede la carcerazione fino a due anni o multe. L’autorità responsabile pertinente è l’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

 

 

La situazione all’interno del Regno Unito è analoga. Il rapporto tra le aziende e la salvaguardia dell’ambiente è scandito principalmente da due testi di riferimento: il Green Claims Code (Codice delle Dichiarazioni Ecologiche) e il DMCC Act del 2024 (Digital Markets, Competition and Consumers Act). Il primo è formato da una breve lista che definisce 6 punti chiave per verificare che le dichiarazioni ambientali dei diretti interessati siano realmente ecologiche e volte alla protezione dell’ambiente. Il secondo è di natura legale, in quanto “act” e quindi legislazione primaria approvata dal Parlamento britannico, ed è entrato in vigore il 6 Aprile 2025. L’implementazione di questa legge ha conferito all’autorità di riferimento, la CMA (Competition & Markets Authority), i poteri per adottare misure coercitive più severe nei confronti delle aziende che non rispettano le norme, compresa la possibilità di infliggere sanzioni pecuniarie fino al 10% del fatturato globale dell’impresa o 300.000 sterline, a seconda di quale sia l'importo maggiore. Se fino all’inizio dell’anno la conseguenza peggiore del greenwashing era semplice pubblicità negativa e un lieve danno alla reputazione, lo stato attuale delle cose si traduce in un potenziale danno economico considerevole.

 

 

La conseguenza di questa generale presa di posizione da parte delle autorità europee per proteggere i consumatori da dichiarazioni ecologiche ingannevoli è stata un'ondata di cause legali contro il greenwashing all’interno di tutti i settori industriali tra il 2024 e il 2025. Shein, ASOS, Coca-Cola e KLM sono solo alcune delle aziende accusate nel corso degli ultimi anni, veri e propri colossi all’interno della propria industria di riferimento. In aggiunta, con il rapido sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale, diverse aziende tech potrebbero presto aggiungersi alla lista delle imprese sotto indagine. La tecnologia in questione è stata spesso utilizzata come strumento per identificare il greenwashing nelle azioni, pubblicitarie o meno, di terzi; i sistemi all'avanguardia delle IA attuali sono in grado di confrontare le dichiarazioni pubbliche con i dati ambientali reali, individuando le discrepanze tra le affermazioni e gli indicatori di prestazione effettivi nel mondo reale, quali il consumo energetico o le emissioni.

 

Ciononostante, non è tutto oro quel che luccica. L’intelligenza artificiale è imperfetta, soggetta ad “allucinazioni” e spesso alimentata da dati e informazioni errate, rischia quindi di scatenare vere e proprie tempeste di disinformazione, rendendo l’intera situazione ancora più complessa. L’aspetto più preoccupante dell'utilizzo dell’IA all’interno del contesto in questione, tuttavia, è individuabile negli ingenti consumi energetici della tecnologia stessa: la potenza di calcolo necessaria per addestrare i modelli in questione può richiedere una quantità terrificante di elettricità, inevitabilmente seguita dall’aumento delle emissioni di CO2. In aggiunta, per raffreddare i macchinari coinvolti nell’addestramento menzionato, è necessaria una grande quantità di acqua, che può mettere a dura prova le risorse idriche e gli ecosistemi delle località circostanti. Per dare un’idea dell’impatto, secondo un’analisi condotta nel 2024 dall’IEA (International Energy Agency), una semplice richiesta a ChatGPT consuma circa 10 volte più elettricità rispetto ad una ricerca su Google. Entro il 2026, si stima che il consumo di energia elettrica dei datacenter si avvicinerà a circa 1.050 terawatt e, considerando il ritmo con cui le aziende stanno costruendo nuovi edifici simili, molto presto la maggior parte dell'energia elettrica necessaria per alimentarli dovrà provenire da centrali elettriche alimentate con combustibili fossili. I centri in questione, inoltre, producono notevoli quantità di rifiuti elettronici contenenti sostanze pericolose, come mercurio e piombo, gravando ulteriormente sulla condizione ambientale.

 

 

In conclusione, nel 2025, com’è possibile categorizzare e verificare l’impegno delle aziende all’interno del panorama ecologico? Come può un consumatore individuare quali società meritano il suo sostegno economico e, soprattutto la sua fiducia? Il vero valore delle imprese è determinato dall’ESG, le valutazioni Environmental, Social e Governance che permettono di presentare una visione completa dell’impatto delle scelte effettuate e i progetti intrapresi. Nel 2025, le sfide legate all’adeguamento alle pratiche ESG riguardano principalmente la standardizzazione delle metriche, e la trasparenza e la veridicità dei dati condivisi. Inoltre, l’intero approccio all’ESG comprende attualmente una certa attenzione a temi come l’inclusione, l’equità e la diversità anche a livello della catena di approvvigionamento, e l’innovazione high tech e cleantech volta all’adattamento ai cambiamenti climatici in corso. Gli obiettivi stabiliti dall’ESG prevedono il raggiungimento della “carbon neutrality”, ovvero la capacità di ridurre le emissioni di CO2 e di creare condizioni che ne permettano l’azzeramento, e la soddisfazione dei criteri presenti all’interno dei 17 Sustainable Development Goals stabiliti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Considerare il giudizio ESG di un’azienda può essere il primo passo per comprendere il livello di impegno ambientale intrapreso dalla tale.

A proposito dell'Autore o Autrice

Yako

Yako

Articolista, (Lui/Loro)

Content Creator in ambito cosplay, gaming e animazione. Con un diploma in lingue straniere e una grande passione per la cultura orientale, scrive di diritto d’autore per proteggere i lavori di artisti e giovani menti. Cosplayer dal 2015, Yako è un sostenitore dell’identità di genere e dello sviluppo della propria creatività tramite attitudini personali: che siano giochi di ruolo, cosplay o scrittura.