Corona virus, meme e informazione. Forse è ora di cambiare metodologia di comunicazione

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Foto di copertina di Sam McGhee su Unsplash. Corona-chan di Alganori. Errata corrige Arianna Crotti.

E se invece di propinare i soliti titoloni allarmisti, i media imparassero a osservare il mondo e cercassero il modo di comunicare correttamente ed efficacemente con le persone?

Una piccola digressione a tema salute, digital content e comunicazione ispirato dal nuovo Corona Virus e dalle reazioni della community artistica.

Avete mai provato a cercare notizie concrete sull’argomento del momento? Se lo avete fatto, probabilmente ciò vi sta destando preoccupazione. Su Internet c’è un propagarsi di notizie che infondono, a volte, persino panico e allarmismo.

Il nuovo virus influenzale assassino che sterminerà l’umanità.

Ovviamente non siamo qui per parlare di virus e pandemie, per quello ci sono siti e persone specializzate che analizzano il tema e cercano di spiegarlo. Se volete informazioni più specifiche a riguardo, vi rimando a un articolo del 2010 pubblicato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità in tema di pandemie e mortalità e alla sezione dedicata, sempre sullo stesso sito, all’argomento Corona Virus.

Se cercate “corona virus” su Twitter, per esempio, il primo risultato che troverete è un’informazione che vi inviterà a visitare il profilo del Ministero della Salute; un chiaro segnale del fatto che si sta cercando di indirizzare l’utenza a fonti ufficiali che possano dare informazioni reali e limitare i danni che la comunicazione allarmista sta creando (come, per esempio, la discriminazione razziale nei confronti di chiunque abbia tratti somatici asiatici).

Eppure, fake news con foto di persone morte per strada che nemmeno a Raccoon City di Resident Evil unitamente ad altre notizie prive di fonti, hanno iniziato a inondare Internet e i social media, alimentando la paura e il terrore per un evento che viene sfruttato (bene) dalle così dette fake news forgeries, e (male) dai media di informazione. La cosa curiosa è che entrambi hanno lo stesso fine economico: la pubblicità, oppure la notorietà.

Dico notorietà perché non un Influencer ha pubblicato foto o rilanciato tweet con fotografie di dubbia provenienza, accusando (in realtà diffamando) il governo della Repubblica Popolare Cinese di non informare il pubblico in modo corretto. Non sta a noi giudicare, in realtà non starebbe nemmeno a un influencer farlo, tuttavia – come dice il termine stesso – ciò che dicono ha un’influenza non indifferente sulle persone e quindi ha delle conseguenze a livello mediatico e sociale; e persino a livello economico, se pensiamo alle conseguenze che la cattiva informazione ha avuto sulle azioni della Corona.

Ma perché Rights Chain si mette a parlare di salute?

Il post è stato incalzato mentre – ammettiamolo – per diletto, in una chat è saltata fuori una battuta:

“Strano che nessuno abbia mai illustrato la mascotte di Virus-chan

Dopo qualche istante, abbiamo scoperto che la mascotte esiste: si chiama Corona-Chan oppure Wuhan-Chan, ed è un personaggio che “umanizza” il virus del momento. E, se qualcuno se lo dovesse domandare, esiste anche Ebola-chan.

Al di là delle opinioni personali che possono essere discusse sull’idea di realizzare un personaggio ispirato a gravi malattie, vorrei fare una breve digressione sulla comunicazione di questo argomento specifico.

Ho sentito parlare (soprattutto prima dell’evento del Festival del Fumetto) moltissime persone di come sia possibile infettarsi con il virus. Non nascondo che ho percepito (personalmente) non poco allarmismo in alcune persone, per poi scoprire che la loro opinione fosse basata su poche cose:

  • titoli dei media in modalità “allarmista”
  • post di social network, magari anche di influencer
  • meme

Pochi, o nessuno, ha avuto modo di discutere o affrontare il tema più nello specifico.

Leggendo articoli dei media “tradizionali” sull’argomento, i contenuti tendono a esaltare i pericoli o le situazioni limite di questo contagio, senza tuttavia riportare notizie o informazioni utili. Il risultato è che, invece di lavarci le mani dopo essere stati nei luoghi pubblici, cerchiamo di evitare persone che hanno origini straniere (follia pura).

Se, invece, andiamo a leggere notizie di riviste specializzate o istituzionali, tra layout inguardabili e illeggibili, e complessità di linguaggio, il più delle volte la reazione è quella di chiudere la pagina e dimenticare di averla vista.

E se le istituzioni cambiassero modalità di comunicazione?

Sarebbe ora.

Perché non sfruttare un metodo di comunicazione creativo, nuovo e che possa spingere le persone ad approfondire la notizia invece di accanirsi contro un nemico invisibile?

Semplificare la comunicazione e renderla accessibile a tutti dovrebbe essere un impegno di qualsiasi testata giornalistica degna di questo nome. Non intendo dire che tutta la comunicazione debba essere trasformata in fumetto, però potrebbe essere sicuramente efficace per catturare l’attenzione di un pubblico molto più ampio attraverso concetti chiari e comprensibili, essenziali e rapidamente assimilabili. Se poi qualcuno volesse saperne di più, riportare a fonti ufficiali e approfondimenti sarebbe il passaggio naturale.

Usare un personaggio “grazioso” per affrontare un argomento difficile come quello di una pandemia o una qualsiasi altra situazione di interesse “globale” potrebbe portare più benefici di quante siano le critiche che, inevitabilmente, potrebbe scatenare. Potremmo menzionare, per esempio, Earth-chan per i temi climatici, Blackhole-chan nata durante la fotografia del buco nero dell’anno scorso, e altre *-chan che nascono in occasioni globali.

Che c’entra Rights Chain in tutto questo?

Corona-Chan è l’ennesimo esempio di creatività che abbiamo modo di sperimentare e vedere ogni giorno, ed esempi di questo genere possono essere trovati in Internet sugli argomenti più disparati, con maggiore o minore successo.

Le complesse dinamiche che ruotano attorno al digital content comprendono il fatto che un contenuto possa diventare virale dopo mesi (a volte anche anni) da quando è stato creato, dando luogo alla necessità di un nuovo paradigma per la gestione dell’attribuzione della paternità di un lavoro e della proprietà intellettuale dell’artista.

Il registro “rcAuthority” di Rights Chain è uno strumento che crea il certificato di nascita di un contenuto digitale, indelebile e inalterabile nel tempo. Grazie a questo strumento, già oggi Autori e Artisti hanno modo di dimostrare la paternità sul proprio lavoro in caso di utilizzo improprio della loro creatività. Allo stesso modo, fotografi professionisti possono registrare i propri scatti digitali, senza necessità di conservare per anni i file RAW.

In materia di Fake News, uno strumento che possa dimostrare la veridicità e provenienza di materiale fotografico e testuale (di recente implementazione presso Rights Chain – N.d.A.) influisce sulla reputazione e credibilità di un contenuto, e quindi dell’editore dei contenuti stessi.

Per questa ragione, Rights Chain ha creato rcRMS, uno strumento che consente il tracciamento della proprietà intellettuale dei contenuti digitali.

Ultimo, non ultimo, l’incredibile quantità di Autori e Artisti che abbiamo modo di conoscere e incontrare, che potrebbe rispondere ad esigenze di comunicazione di nuova generazione.

Che cosa ne pensate dell’argomento? Avete suggerimenti per nuovi contenuti? Fatecelo sapere tramite i nostri canali social oppure contattandoci direttamente. 

A proposito dell'Autore o Autrice

Sebastian Zdrojewski

Sebastian Zdrojewski

Founder, (He/Him)

Ha lavorato per 25 anni nel settore IT affrontando problemi di sicurezza informatica, privacy e protezione dei dati per le aziende. Nel 2017 fonda Rights Chain, un progetto che mira a fornire risorse e strumenti per il copyright e la protezione della proprietà intellettuale per i creatori di contenuti, gli artisti e le imprese.